Attualità Italiana

Lucia Riina: dispiaciuta, ma orgogliosa del suo cognome

Lucia Riina, figlia più piccola del boss, dispiaciuta per le vittime della mafia ma non rinnega il suo cognome. Le sue parole scaturiscono la rabbia di tutti

«Sono onorata di portare il mio cognome. Qualsiasi figlio che ama i suoi genitori non cambia il cognome. Corrisponde alla mia identità». Sono le parole di Lucia Riina, durante le sue dichiarazioni rilasciate in un’intervista con l’emittente svizzera Rts. Dichiarazioni che non hanno tardato a scaturire l’indignazione di molti. Giungono commenti poco carini nei suoi confronti anche sui social network.

Lucia Riina, figlia del noto boss legato a Cosa Nostra, Salvatore Riina, ha riferito di esser dispiaciuta per le vittime della mafia ma, allo stesso tempo, non può rinnegare le sue origini e si dice onorata e orgogliosa di portare come cognome quello dei Riina, il cognome di suo padre. Quel nome che ha distrutto molte vite. Un cognome impossibile da dimenticare, ma soprattutto da perdonare. Nel corso della sua prima intervista in tv,  Lucia Riina la figlia più piccola di Totò, il capo dei capi di Cosa Nostra ha spiegato le sue motivazioni del perché si sentisse legata alla sua famiglia, nonostante i danni afflitti alla società.

Un’intervista durata circa trenta minuti, davanti le telecamere di Rts, la televisione svizzera che ha, poi, pubblicato un estratto dell’intervista sul suo sito. Lucia Riina, è stata doppiata in francese, e facendo riferimento alla sua famiglia ha raccontato: «Si tratta sempre dei miei genitori. Siamo una famiglia cattolica e devo amore a mio padre e mia madre». Lucia spiega al conduttore che ogni sera a casa sua pregavano, e che il momento più brutto della sua vita fu quel 15 gennaio di venti anni fa quando arrestarono il padre. La figlia di Toto’ Riina parla anche della madre di Ninetta Bagarella. «Lei, – risponde Lucia alle domande del conduttore – è stata estremamente importate tutti noi, per via della latitanza di papà non siamo mai andati a scuola è stata lei ad insegnarci a leggere e scrivere». Un orgoglio per il suo cognome che scatena la rabbia di tutti coloro che hanno ascoltato le sue parole ma che, soprattutto, hanno lasciato senza parole persone quali magistrati, giornalisti, cittadini che, tuttora, continuano a battersi, uniti in un unico e grande fine: commemorare le vittime della mafia.



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