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Legge 194, compie 35 anni la legge sull’aborto

A 35 anni dall’approvazione della legge, Sel polemizza sull’applicazione della 194/78 e propone mozione parlamentare per limitare la presenza di obiettori di coscienza nelle strutture sanitarie.

Domani 22 maggio la legge 194 che regola la disciplina in merito all’aborto, compie 35 anni.
La legge venne richiesta con forza e ottenuta soprattutto dalla sinistra dell’epoca, e da tutte del donne che rivendicavano come proprio il diritto a decidere se portare avanti una gravidanza o meno. Dopo molti anni di lotta, nel 1978 la legge 194 venne approvata. Parte da Sel (Sinistra Ecologia e Libertà) e in particolare dalla deputata Marisa Nicchi, la denuncia di questi giorni in concomitanza con il compleanno della legge: nonostante siano trascorsi 35 anni dall’approvazione della 194 e del diritto da essa sancito – commenta la Nicchi – questo non sembra essere sempre garantito.

L’aborto – o Interruzione Volontaria di Gravidanza – è un diritto che trova spesso impedimento dell’obiezione di coscienza esercitata da alcuni medici: “Chiediamo – ha continuato la Nicchi oggi nel corso di una conferenza stampa alla Camera – la piena applicazione della legge. Con la 194 il tasso di abortività in Italia si è dimezzato, ma ci sono ancora seri problemi di applicazione delle norme a partire dall’articolo 9 della legge riguardante l’obiezione di coscienza dei medici”.
Nonostante l’obiezione di coscienza sia un diritto del medico, nello stesso modo, ha concluso la Nicchi ricordando che più della metà dei ginecologi esercita questo diritto, è necessario garantire “il diritto di ricorrere all’Ivg. Ciò, però, non avviene”.

A dare ragione alla Nicchi una relazione del Ministero della Salute sulla legge 194/1978 che ha messo in evidenza come circa il 70% dei medici sia obiettore di coscienza, dato in crescita se si pensa che nel 2005 il dato sfiorava il 60%.

La deputata Sel alla Camera, insieme al capogruppo dello stesso partito, Gennaro Migliore, ha presentato una mozione parlamentare affinché in tutte le strutture, indipendentemente quindi da obiezione di coscienza o meno, sia garantita l’applicazione della legge 194/78 e quindi preservato il diritto delle donne a ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza.
L’obiettivo della richiesta è che all’interno delle strutture sanitarie non sia tollerata la presenza di una percentuale superiore al 30% di medici obiettori per continuare a garantire alla donna il diritto di scelta e alla salute, tutelato con l’introduzione in Italia ormai 35 anni fa di una pratica legalizzata in contrasto con l’ormai noto aborto clandestino, pericoloso per la donna e per la sua sopravvivenza.



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