Salviamo Nessuno si salva da solo: la recensione
Dal 5 marzo al cinema Nessuno si salva da solo: la nostra recensione del nuovo film di Sergio Castellitto con Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca tratto dall'omonimo romanzo di Margaret Mazzantini
Sarà vero che alla fine Nessuno si salva da solo e che per capire cosa ha in serbo per noi una esistenza che può sembrare vuota o ricca abbiamo bisogno di essere completati da un pezzo che manca? Una mamma, un padre, un figlio, un amante, un amico, un marito? Sarà vero che per capire gli errori, i sacrifici non fatti. i troppi vizi, le troppe aspirazioni, c’è bisogno di qualcuno che te li faccia notare? Del nuovo film di Sergio Castellitto Nessuno si salva da solo in pochi hanno parlato bene. Noi non abbiamo nessuna pretesa di farlo da critici, ma solo da spettatori, che poi sono quelli che decretano il successo di un film pagando il biglietto. La nostra non è una recensione che fa paragoni tra registi, tra attori o tra sceneggiature, si limita a osservare quello che lo spettatore medio vede in una sala cinematografica in una serata di marzo. Dicevamo che del film tratto dal romanzo di Margaret Mazzantini in pochi hanno parlato bene, è così. Pare sia un melò poco interessante dove il regista ha perso di vista il linguaggio usato nel libro e dove gli attori non abbiano dato il giusto peso a quelli che erano i personaggi. Potrebbe essere.
A noi il film, da spettatore medio quale siamo è piaciuto. Una delle cose che abbiamo apprezzato di più è stato il voler unire insieme la drammaticità della vita all’ironia che spesso dimentichiamo di avere. Una vita su un filo del rasoio in attesa che arrivi la tragedia: una malattia per il bambino, un rapimento, un tradimento. A un’azione non corrisponde una reazione ma semmai a una possibile azione corrisponde un gesto di prevenzione in particolare da parte della protagonista che rinuncia a un viaggio per paura di perdere il suo nuovo amore, che rinuncia al suo lavoro per essere una brava mamma, che ha rinunciato all’affetto di sua madre per essere una brava figlia in rispetto di un padre tradito…La rinuncia alla casa in campagna, la rinuncia ai sogni che si scontra contro la dura realtà quella fatta di compromessi e di tradimenti. Ma solo perchè lo vogliamo non dimentichiamoci mai che il libero arbitrio esiste. Esiste come la forza di non voler avere un figlio con la “poco di buono” di turno ma di non saper dire no a un regista che ti tiene incatenato al ruolo di suddito mentre i tuoi figli ti aspettano per andare al mare. Si parla di questa generazione di 30 enni cresciuta nelle macerie quando fa comodo quando invece è più figo dire che siamo quelli cresciuti con le nuove tecnologie, con la rivoluzione delle idee allora le cose cambiano. Delia e Gaetano potrebbero essere senza troppi sè e ma una coppia come tante, una coppia che la domenica pomeriggio porta i bambini all’Ikea invece che al parco a prendere aria perchè è tutto più comodo ma allo stesso tempo li porta al parco con una tale frequenza da far paura. Una sorta di evasione, ennesimo compromesso per quella mancata casa in campagna mai comprata. Le fobie dei genitori che investono e travolgono i nonni rei di aver fatto crescere i loro figli in modo sbagliato, senza dare il giusto esempio. E rei di continuare a farlo con i nipotini. Inadeguati a sempre e per sempre. Un cordone ombelicale mai spezzato ma rinnegato specchio delle generazioni di oggi, specchio di 40enni costretti a prostrarsi di fronte al padre per un assegno che serve a pagare le bollette ma così ricchi di saccenza e di poca umiltà da prendersi gioco di loro dopo che l’assegno è ben chiuso nella borsa. Una generazione dal matrimonio facile, dal concepimento di figli ancora più semplice e dal divorzio che va provato almeno una volta nella vita perchè fa più “figo”. Quella parola sacrificio che non vuol dire solo vivere in una casa di 40 metri quadri perchè è figo stare in città invece che in campagna…Quel sacrificio che non si è disposti a fare per amore dei figli ma che forse trova una redenzione in una serata d’estate quando sembrava che tutto potesse andare a rotoli dopo un gelato tirato in faccia, dopo le confessioni scioccanti di una coppia che non ha mai fatto del rispetto reciproco il suo cavallo di battaglia. Quei per favore e quei grazie che tra un marito e una moglie dovrebbero essere all’ordine del giorno condannano Delia e Gaetano a un matrimonio ribelle, felice e poi di colpo infelice con gli spettri e i fantasmi del passato che condannano entrambi, due falliti, a restarlo.
Noi ci abbiamo visto questo. Lo specchio di quello che questa generazione è, potrebbe essere, sarà. Ovviamente una parte, non il tutto. Non possiamo sapere se questa sia la migliore prova dei Castellitto, di Scamarcio o della Trinca ma se l’obiettivo era quello di far riflettere e anche di sorridere, di restare basiti per un marito che lega i ricordi più belli di sua moglie al sesso allora l’obiettivo è stato raggiunto.
Il bene e il male, il cibo e il digiuno, il successo e il compromesso, il tradimento e la fedeltà. Coppie di parole, di situazioni, di sentimenti che proviamo e dai quali ci lasciamo travolgere. A noi e solo a noi spetta decidere se gli occhiali si sono rotti inciampando o in un folle gesto di violenza o disperazione durante il quale abbiamo fatto del male a chi amiamo. Perchè una bugia resta tale anche se detta per fare del bene. Una bugia non fa parte del campo semantico di qualcosa di positivo, inutile credere il contrario. E cambiare il profumo non ci può far dimenticare una vita che non c’è più. Noi artefici del nostro destino consapevoli delle nostre scelte possiamo salvarci da soli? Probabilmente no ma possiamo chiedere di pregare per noi, di essere salvati o redenti. Due termini diversi ma simili. Ci si salva senza redenzione e si è redenti senza salvezza.
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