12 anni schiavo trionferà agli Oscar? La recensione
La recensione di 12 anni schiavo il film candidato a ben 9 premi oscar. La storia di Solomon e della schiavitù dei neri d'America
C’è grande attesa, almeno per chi ha investito sul film 12 anni schiavo, per la notte degli Oscar. Miglior film, miglior attore…Le nominations sono ben 9 e le recensioni sono tutte positive in particolare dagli Usa arrivano sol aggettivi di grandi complimenti per il protagonista, per il regista e per chi ha deciso di scommettere su questa pellicola. Steve McQueen, Chiwetel Ejiofor e Brad Pitt: otterranno quello che tutti si aspettano? Dopo aver visto il film anche noi vogliamo dire la nostra con una recensione che si basa sull’impatto emotivo che 12 anni schiavo può avere su un semplice spettatore che in poltrona segue il film senza sapere nulla in merito allo stile del regista, a tutto quello che c’è dietro. La recensione di uno spettatore qualsiasi che va al cinema per vedere un film di cui tanti si parla negli ultimi mesi.
12 anni schiavo, la trama- Una serie di flash back e di ricordi incatenati ci fanno capire che quello che stiamo per vivere non è l’inizio della storia ma il punto apparente di non ritorno. Solomon è uno schiavo ma non lo è sempre stato. Ce ne accorgiamo da subito: sa scrivere cosa che per un uomo di colore non è assolutamente pensabile, almeno nella parte di America in cui non hanno la libertà. Solomon l’aveva, era un uomo libero dello stato di New York. Due figli, una bella moglie, un lavoro rispettabile e tanto talento nella musica svaniscono in poche ore dopo l’incontro con due uomini che gli promettono fama e denaro. Solomon si ritrova prigioniero, perde la sua libertà e viene venduto da un padrone all’altro. Cerca di non perdere mai la sua dignità ma il suo talento e la sua cultura sono anche la sua condanna. Fino a quando dopo dodici anni di schiavitù arriva un uomo che può cambiare di nuovo la sua vita…
12 anni schiavo, il nostro punto di vista- La storia viene raccontata in modo semplice quasi perfetto ma sembra però che il finale lasci l’amaro in bocca. I cattivi infatti, che si riflettono nell’uomo bianco, non ricevono nessuna punizione per quello che fanno anzi. Solom torna a casa dopo anni di schiavitù, di vessazioni, di dolore ma nessuna delle persone che gli ha fatto del male pagherà perchè tutto è nell’ordine delle cose. Le scene a cui assistiamo sono crude: dalla povera preferita del padrone che viene frustata a morte solo perchè si era allontanata per cercare un pò di sapone con cui lavarsi alle concessioni che possono avere i padroni sui loro schiavi comprati per pochi soldi. La compravendita, i viaggi in condizioni disumane, la mancanza di ogni regola. Tra le scene che restano sicuramente più impresse quella in cui Solomon viene appese a un cappio ma nessuno può aiutarlo e viene lasciato per ore in attesa del suo destino.
La storia raccontata è reale ed è stata tramandata grazie alla scrittura. L’importanza della cultura e dello scrivere come veicolo di una libertà che può essere raggiunta solo grazie a una lettera, a poche parole scritte su un foglio. Ma uno schiavo non può avere la carta, non può avere i soldi per comprarla e non può avere inchiostro. Arriva però come mandato dal cielo un uomo che non ha paura di quello che pensa il padrone e gliene canta quattro ( unico momento inverosimile del film che serve solo per dare a Bradi Pitt i suoi cinque minuti di gloria). Quest’uomo e la forza di una lettera ridaranno la libertà a Solomon che troverà la forza, dopo 12 anni di schiavitù di raccontare tutto nelle sue memorie. Migliaia di migliaia le storie come la sua. Oggi ancora l’America paga le conseguenze di un passato ricco di errori.
Magistrale l’interpretazione di Chiwetel Ejiofor che ha tutte le carte in regola per portarsi a casa l’oscar come migliore attore facendo un torto marcio a Leonardo Di Capri che probabilmente fino all’ultimo ha sperato di non vederlo nella lista insieme a lui.
Il nostro voto a 12 anni schiavo: 9