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Le castagne in tasca prevengono il raffreddore?

Le castagne in tasca prevengono il raffreddore? Il perchè tra miti e leggende

Perché si tiene in tasca una “castagna matta”? Perché il frutto, secondo la leggenda, ha delle proprietà benefiche che allontanano i malanni dell’autunno. La storia racconta di una castagna, grossa e lucida che tutti chiamavano “matta”, che allontanava febbre, raffreddore e tosse. Ma da dove nasce questa leggenda? Le castagne in passato venivano triturate e date da mangiare ai cavalli per curare l’asma e il raffreddore. Quando ci si accorse che i cavalli ne traevano sollievo, le castagne vennero donate anche agli uomini. E così la “castagna d’india” o di cavallo iniziò ad essere regalata ai familiari e alle persone care per proteggerle da tosse e raffreddore. E’ vero che si tratta di una leggenda ma erbe e frutta hanno delle proprietà curative. L’escina  è una sostanza dalle enormi proprietà curative contenuta nella castagna di cavallo. L’escina è un potente antinfiammatorio, riduce la permeabilità capillare e aumenta la pressione venosa. Le castagne d’india nascono dall’ippocastano, un albero che può arrivare fino ai 25 metri di altezza. Gli estratti dell’ippocastano vengono usati come rimedio per la cellulite, per le emorroidi e per le vene varicose. Il nome dell’ippocastano è Aesculus hippocastanum ed è un albero originario dell’Asia Minore e portato a Vienna nel 1591 da Charles de l’Écluse e a Parigi, da Bachelier, nel 1615. Nel nostro paese gli ippocastani si trovano per lo più nel centro-nord. Il più famoso ippocastano al mondo è quello che Anna Frank guardava dalla finestra del suo alloggio segreto dove la giovane si nascose per sfuggire ai nazisti e alle persecuzioni ebraiche. Anna Frank nel suo diario, sotto la pagina datata maggio 1944 Anna descrive l’ippocastano “Nelle città di polvere e rumore, io, per primo, annuncio l’arrivo della primavera. In aprile si schiudono le mie gemme e con identico slancio spuntano foglie e fiori. Io sono un ippocastano. Da oltre centocinquant’anni, vivo in un giardino al numero 263 di Prinsengracht, ad Amsterdam”. Nel diario in cui Anna racconta dei suoi 25 mesi di clandestinità l’albero viene citato per ben 3 volte. Ma oggi quell’ippocastano non esiste più, infatti nel 2010 è stato abbattuto.



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