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Animali maltrattati sui set di grandi film del cinema: è ora di dire basta

Troppi sono gli animali che hanno perso la vita sui set di grandi film del cinema; ad aprire il dibattito anche "The Hollywood Reporter"

Troppi sono gli animali utilizzati sui set dei grandi film del cinema; troppe le vite che si sono spezzate e troppe quelle che sono state seviziate per il puro piacere dell’uomo e per la sua sete di denaro. Basti pensare alla povera tigre de “La Vita Di Pi” quasi affogata; alla morte di due cavalli sul set di “Luck“; alle capre, pecore, cavalli e galline deceduti durante le riprese de “The Hobbit” o alle sevizie subite dall’elefantessa Tai, prima di “lavorare” sul set di “Water for Elephants“. Sarebbe, dunque – nel 2013 – l’ora di dire “basta” a gran voce a queste inutili morti e vittime, perché sono troppi gli animali senza voce che vengono maltrattati, nonostante le fantomatiche – verrebbe da dire – leggi contro il maltrattamento.
Sotto accusa è anche l’American Humane Association che “The Hollywood Reporter” cita, parlando delle troppe vittime silenziose di questi anni: “Troppi animali maltrattati durante le riprese“, scrive il settimanale statunitense. L’associazione si occupa, infatti, di fornire delle certificazioni a film e serie TV e dovrebbe vigilare su eventuali abusi: l’organizzazione sarebbe, dunque, colpevole di aver archiviato il ferimento ed il decesso di molti animali – “episodi gravi dovuti all’incuria ed alla negligenza” – come semplici incidenti.

Secondo l’inchiesta portata avanti da “The Hollywood Reporter“, alcuni ispettori sarebbero stati “omaggiati” con compensi di 80 dollari l’ora circa. L’American Humane Association, al momento, si dichiara non colpevole e respinge le accuse, affermando di tenere alla sicurezza degli animali.

Ciò che è certo è che 27 animali hanno perso la vita durante le riprese del primo capitolo della saga de “Lo Hobbit“, a causa di schiene spezzate ed altri “incidenti” del genere; così come è certa la morte atroce di un bue durante il film di TornatoreBaaria” o le torture subite dall’elefantessa Tai di “Water for Elephants“, prima del film e durante il suo “addestramento”, che venne stordita da scariche elettriche e presa a colpi da ganci metallici.

Al giorno d’oggi, la civiltà dovrebbe suggerirci quali metodi barbari occorrerebbe archiviare definitivamente, perché il rispetto per tutte le forme di vita dovrebbe venire prima di tutto e “progresso” significa anche questo.



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